La Traviata, un’opera rivoluzionaria

La traviata fa parte di quella che viene chiamata ‘trilogia popolare‘ delle opere verdiane, assieme a Rigoletto e Il Trovatore. Per quegli anni è un’opera estremamente innovativa, sia per la forma che per il soggetto. Si tratta di un dramma borghese, di una vicenda contemporanea; l’azione si sviluppa con agilità, mettendo in primo piano i sentimenti dei personaggi, senza bisogno di inserirsi in pomposi sfondi storici.  La figura dell’eroina perseguitata dalla sorte, debole e socialmente emarginata sarà ripresa dalla corrente verista di fine Ottocento. Quella di Violetta è una nuova forma di eroismo, un eroismo privato di una donna ‘deviata’ che spera, con l’amore, di uscire dal ruolo di cortigiana in cui l’ha confinata la società; ma questa medesima società, con il suo perbenismo e la sua morale ipocrita, in quel ruolo la obbliga a tornare per forza. La sua morte è il prezzo da pagare per salvare l’onore di una famiglia rispettabile che l’ha respinta e costretta ad allontanarsi.

Giuseppina Strepponi, compagna di Giuseppe Verdi
Giuseppina Strepponi

Nella genesi dell’opera ebbe probabilmente parte anche il vissuto privato di Verdi; in quel tempo, infatti, egli conviveva con Giuseppina Strepponi, una ex cantante lirica ritiratasi dalla scene che dava lezioni di canto a Parigi; fu proprio lì che conobbe Verdi e collaborò con lui in alcune rappresentazioni. Ritrovatisi in età più matura, si unirono in un sodalizio sentimentale ed artistico: in Giuseppina Strepponi Verdi trovò una compagna ed una collaboratrice molto valida, in grado di seguirlo e consigliarlo nel suo lavoro, dotata di una personalità determinata e dal forte senso pratico.

Verdi la condusse a vivere con sé nella sua casa di campagna a Sant’Agata. Questo rapporto non era però ben visto: il fatto che convivessero senza essere sposati aveva dato luogo a chiacchiericci e maldicenze nel suo paese natale, Busseto. Anche il suocero di Verdi, il padre della sua precedente moglie defunta, non approvava questa relazione. Ma Verdi gli rispose così, in una lettera del 21 gennaio 1852:

“In casa mia vive una signora libera, indipendente, amante come me della vita solitaria, con una fortuna che la mette al coperto di ogni bisogno. Né io né lei dobbiamo a chicchessia conto delle nostre azioni… A lei, in casa mia, si deve pari anzi maggior rispetto che non si deve a me… Ella ne ha tutto il diritto, e pel contegno e pel suo spirito, e pei riguardi speciali cui non manca mai verso gli altri”.

E in un’altra lettera del 1 gennaio 1853 all’amico Cesare De Sanctis, Verdi scrive, quasi in tono di sfida:

“A Venezia faccio la Dame aux camélias, che avrà per titolo, forse, Traviata. Un soggetto dell’epoca. Un altro forse non l’avrebbe fatto. Pei costumi, pei tempi e per altri mille altri goffi scrupoli, io lo faccio con tutto il piacere”.

Verdi aveva stretto un contratto con la Fenice per scrivere un’opera da rappresentare durante il carnevale del ’53, ma non riusciva a trovare il soggetto giusto; alla fine la Signora dalle camelie lo convinse, pur sapendo che era rischioso proporre un simile soggetto e sfidare così apertamente le convenzioni sociali del tempo e la morale borghese.

Per volere della censura, l’ambientazione della Traviata dovette essere spostata all’indietro di 150 anni: situare la vicenda nel Settencento era più accettabile, perché rendeva più difficile al pubblico identificarsi con ciò che veniva rappresentato. Anche il titolo, in origine Amore e morte, fu cambiato in La traviata, sempre per compiacere la censura.

Altre curiosità:

Per saperne di più sulla Traviata:

La traviata, scheda dell’opera: personaggi, libretto, trama, tutte le più belle arie, mp3 da scaricare, e tanto altro.

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